Andrea Marmori: inizio della Ritrattistica nell’Arte
Andrea Marmori per “La Nazione”
Andrea Marmori si conferma sia formidabile esteta della parola, sia padrone assoluto nella conoscenza delle arti raffigurative e della evoluzione di esse nel volgere del tempo grazie al sentire di grandi artisti interpreti delle realtà sociali e politiche che cambiano.
Nel 2019 il Premio Letterario “Città di Sarzana” gli ha conferito il Premio alla Carriera con la motivazione che egli è “la testimonianza diretta di quanto i doni della sua stirpe abbiano prodotto frutti copiosi.
Nella lunga e proficua carriera ha sempre dimostrato di unire nell’armonia le vaste e approfondite conoscenze di storia dell’arte – significative e apprezzate le numerose pubblicazioni specialistiche di cui si fregia – a felici intuizioni e scelte ideative applicate alla realtà museale, a capacità professionali nel coordinare il lavoro di squadra.
Direttore del Museo Amedeo Lia della Spezia, definito Il piccolo Louvre, la sua eleganza nel porgere la Bellezza, nelle molteplici forme, ha concorso a coinvolgere migliaia di visitatori italiani e stranieri e ad avvicinare le nuove generazioni alla lettura dell’Arte attraverso i secoli.
Ancora oggi, per Andrea Marmori, modello di intelligenza e laboriosità italiane, le passioni e l’impegno di una vita continuano … “(Marisa Vigo)
Nel terzo dei suoi spunti, offerti alla “Nazione” di domenica 5 luglio 2020, conduce il lettore nella grande Pittura del Quattrocento, quando nasce il Ritratto del Personaggio.
Il fine è quello di attribuire a questi forza e potere nell’attualità del momento storico in cui egli vive, corroborando così il ruolo politico e sociale insieme della sua figura nella Comunità.
Trattasi di un completo ribaltamento di quanto nell’arte si era affermato fino al basso Medioevo, un lungo tempo nel quale l’uomo pubblico aveva trovato memoria figurativa di sé soltanto nella scultura funeraria all’evidente scopo del ricordo a posteriori, formando con la realtà viva un legame storicizzato e quindi sicuramente più labile.
I volti posti di profilo delle prime raffigurazioni quattrocentesche rivelano, tuttavia, discendenza indiscutibile dalle monete e medaglie: come queste sono fredde e carenti di contenuti introspettivi, tendono ad esaltare la funzione pubblica del rappresentato, colto in vesti ufficiali, senza indulgere alla minima personalizzazione. Proprio come avviene nella bella tavoletta di Gentile Bellini, conservata al Museo Lia, recante i lineamenti del procuratore della Repubblica di San Marco, opera della fine del XV secolo, che ben interpreta la realtà aristocratica e gerarchizzata di Venezia, pur la città più cosmopolita del tempo, dove, si osserva, le posture di profilo e frontale persistono, in parallelo, per tutto il Cinquecento.
È la dimostrazione palpabile che anche nell’arte i nuovi processi ideali maturano lentamente e per compiersi, realizzarsi necessitano di una forte, prorompente Personalità, come fu quella di Tiziano Vecellio, un figlio delle splendide Dolomiti del Cadore. Il suo “Ritratto d’uomo”, patrimonio anch’esso del nostro Museo Lia, segna la definitiva affermazione nella Pittura del “mezzobusto frontale” del Personaggio, che però, in questo caso, cessa di essere tale per divenire Uomo, protagonista della tela in un equilibrio di colori – luci fioche – ombre dense, senza definizione né di ruoli sociali, né di vesti illustrative del suo status, in un ambiente affatto privo di particolari: serrate le labbra, il capo si torce leggermente verso il centro del dipinto, andando a configurare quello che il direttore Andrea Marmori interpreta come un trepido sguardo fissato in eterno.
Pier Paolo Meneghini